Sanremo 2023 – Dirige l’orchestra l’haute couture

“L’Italia è una Repubblica fondata su…Sanremo” è una frase che, con ironia pungente, sottolinea come il Festival della Canzone di Sanremo sia un evento che non solo interessa il grande pubblico, ma anche i grandi brand. Quest’anno come e più rispetto agli altri anni, Sanremo ha avuto la risonanza di quella di una settimana della moda, confermando come i veri protagonisti non siano tanto (o solo) le canzoni ma l’abbigliamento e la capacità di veicolare un messaggio sociale, politico e identitario. 

 

Indice: 

  • Oltre la musica c’è di più
  • La donna e la maternità declinata in modo diverso dalle due Chiara
  • La spontaneità, la grande esclusa del Festival

Oltre la musica c’è di più

Le luci dell’Ariston si sono spente da poco più di qualche giorno, ma si continua a parlare in maniera frenetica, capillare e maniacale di quello che si è consumato al Festival di Sanremo. Sulla carta si preannunciava una delle manifestazioni musicali più attese dell’anno: sarà stato per l’ennesimo anno in cui la conduzione era affidata ad Amadeus, forse per il ruolo di Gianni Morandi (altro personaggio pubblico molto apprezzato), o soprattutto per Chiara-dalle-mani-d’oro che avrebbe partecipato alla prima e all’ultima serata. 

 

Tutto è andato ben oltre le aspettative, in termini di share ma anche di “spettacolo” perché, ricordiamolo, Il Festival di Sanremo dovrebbe essere una manifestazione con la musica al centro ma si è dimostrato tutt’altro. Prima di tutto perché lo spazio dedicato alla musica è stato, in relazione al resto della scaletta, del tutto marginale: l’attualità ha infatti eroso, anno dopo anno, tempo alla musica per lasciare spazio alla politica, all’antropologia e alla narcisistica celebrazione dei singoli ego

 

Quale modo migliore per dare nell’occhio proprio al festival di Sanremo? Con un look eccentrico, ma questo non è assolutamente una novità del 2023. Da anni seguo il festival della canzone per commentare i look dei personaggi di spicco e dei cantanti e sottolinearne la valenza non verbale del messaggio che veicolano. Quello che è cambiato, invece quest’anno, è la consapevolezza dei personaggi che, indossando un capo d’abbigliamento piuttosto che un altro, possono influenzare gli spettatori, sensibilizzandoli su argomenti che ritengono rilevanti. 

 

È cambiata la consapevolezza con cui si indossano certi abiti. 

La donna e la maternità declinata in modo diverso dalle due Chiara 

Uno dei momenti più toccanti (secondo il grande pubblico) delle serate del Festival sono stati quelli dedicati ai monologhi di due donne, che ironia della sorte, hanno lo stesso nome di battesimo. 

In ordine di apparizione, gli abiti di Chiara Ferragni sono la prova non solo della padronanza della comunicazione non verbale attraverso l’abbigliamento che ha dimostrato l’influencer, ma anche di come una donna con la sua visibilità possa volgere sensibilizzare i milioni di spettatori su un tema così importante come l’essere donna-madre nella nostra società. 

Gli abiti della prima serata di Chiara Ferragni sono, in ordine, un inno alla libertà della donna dal punto di vista sociale e un particolare riferimento alla libertà di espressione anche attraverso il proprio corpo. I quattro abiti della prima serata sono un manifesto contro le diseguaglianze di genere. 

Se gli abiti della prima serata sono un manifesto sulla libertà d’espressione, quelli della finale sono un inno alla donna guerriera. Il contrasto cromatico con una netta predominanza dell’oro, il corsetto con agli addominali disegnati e il ciondolo sono tutti simboli di una donna che non vuole avere paura di apparire. 

Se è vero che su Chiara Ferragni si è detto tutto e il contrario di tutto, credo sia stato dato poco rilievo mediatico al monologo sulla maternità mancata di Chiara Francini: la scena, scarsamente illuminata se non su di lei e una carrozzina vuota, l’abito con i cuori dorati Moschino hanno creato un’atmosfera da brividi. La scollatura profonda, che storicamente è appannaggio delle donne madri e che allattano, non è stata scelta in maniera casuale. 

 

“da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, perché non mi sono sposata e perché non ho avuto figli. Razionalmente so che va bene così, ma da qualche parte, dentro di me, c’è questa voce, esiste. E e io, alla fine, penso che abbia ragione lei, che io sia sbagliata”. 

 

L’abito, firmato Moschino come gli altri due della Francini, sebbene sia in apparenza in contrasto con il monologo tenuto, sottolineano in maniera ossimorica lo stile infantile mancato di una donna che deve giustificare il suo essere diversa. 

 

La spontaneità, la grande esclusa del Festival 

Dopo un breve raffronto, sorge naturale una riflessione: una manifestazione che ha questo rilievo sul pubblico italiano non poteva fare meglio di mandare in onda il monologo della Francini alle 02 di notte mentre quello della Ferragni ancora in fascia protetta? Siamo sicuri che un contesto, come quello di Sanremo, in cui è stata celebrata l’inclusività a tal punto che, a partire da quest’anno, sono stati consegnati i fiori anche agli uomini, non stia rischiando di includere la spontaneità?

Se è vero che gli abiti non possono essere scelti in maniera casuale, soprattutto quando ti chiami Chiara Ferragni e decidi di utilizzare in maniera strumentale gli abiti che indossi, ci si chiede se forse un pizzico di spontaneità non sarebbe guastata. 

E poi, era davvero necessario scrivere su uno scialle “Pensati Libera” per veicolare un messaggio di libertà? Eppure Drusilla Foer, che ha duettato in un monologo con l’iraniana Pegah, non ha avuto bisogno di indossare delle scritte sui propri abiti per poter veicolare un messaggio chiaro di libertà di espressione e identitaria. 

 

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Mi chiamo Isabella Ratti e da anni mi occupo di seguire i principali eventi del mondo dello spettacolo analizzando il significato non verbale delle scelte estetiche dei personaggi più in vista. Il Festival di Sanremo è, da sempre, un banco di prova importante ed impegnativo per i brand e gli stilisti che vogliono “vestire” chi avrà maggiore visibilità. L’edizione di quest’anno ha dimostrato di saper amplificare all’ennesima potenza questa tendenza. 

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