Moda e Potere: breve storia del power dressing femminile

Le modalità attraverso cui le donne esprimono il potere è sempre stata al centro delle riflessioni di moltissimi sociologi: basti pensare a quanto sia stato rivoluzionario Simmel che aveva individuato uno stretto legame tra le regole dettate dal costume e una maggiore dipendenza dal mondo della moda. Del resto, per molto tempo, è stata proprio la relazione tra donne – “ciò che vuole il costume”- e debolezza sociale a costituire un asse portante della cultura moderna (per non dire contemporanea). 

Alla luce del momento delicato che stiamo attraversando ho ritenuto opportuno ripassare insieme quali siano state le tappe salienti del power dressing femminile: solo comprendendo la strada che è stata fatta fino ad ora, si può vedere con chiarezza quella da percorrere in futuro. 

Espressione del potere agli albori dell’era moderna

È dalla debolezza della posizione sociale alla quale le donne sono state condannate per la maggior parte della storia che deriva il loro vincolante rapporto con tutto ciò che appartiene al “costume”, con “ciò che si conviene”, con la forma di esistenza generalmente valida e approvata”diceva G. Simmel nel 1985.

 

Quando rileggo questa frase rimango sempre strabiliata della sua attualità in un mondo contemporaneo in cui si crede troppo spesso che la moda sia frivolezza, leggerezza o indossare gli abiti di punta, ma non è così: la moda è scegliere i capi d’abbigliamento e utilizzarli, in base al significato di comunicazione non verbale che esprimono, per poter trasmettere la propria leadership. 

power dressing femminile

Del resto la riflessione di Simmel si muoveva nella direzione di rappresentare un meccanismo universale interno al rapporto tra la donna e la moda, da inserire a sua volta nella società borghese capitalista nella quale si muoveva il pensatore. Secondo Simmel è proprio all’inizio dell’era moderna che l’uomo esce dal mondo della moda, lasciando il passo alle donne che ne diventano rappresentanti: questo ha comportato storicamente una importante frattura che vede le figure femminili legate a contesti familiari, mentre quelle maschili sempre più avviate verso un ruolo professionale che prevedeva un abbigliamento sobrio e austero. In questo contesto alle donne non restava che la moda per ritagliarsi uno spazio di espressione, limitatamente a quello che potevano comunicare in relazione alla posizione del marito. 

In questa fase di profondo cambiamento l’unica eccezione è costituita dalla figura della femme fatele, libera sensuale e spregiudicata, che sfruttava la componente erotica come strumento di emancipazione. Spesso assimilata al suo alterego maschile, il dandy, che al contrario non aveva nulla da cui liberarsi, in quanto appartenente al sesso maschile. 

A questa prima frattura di genere ne segue una sociale, quella tra potere e moda: si crea quindi una forte polarizzazione tra due emisferi. Da una parte quello maschile strettamente legato ai valori di stabilità, autorevolezza e competenza nell’esercizio del potere e quello femminile al quale appartenevano femminilità e mutevolezza. 

Si tratta di un cambiamento epocale e che in parte non è stato ancora superato. 

Bisogna aspettare gli anni ‘70

Bisogna aspettare gli anni ‘70 del secolo scorso perché si possa intravedere uno spiraglio di emancipazione femminile nell’esercizio del potere che era cominciato, con grandi difficoltà, alla fine del XIX secolo . Una delle grandi svolte nella storia della moda – che in questo caso si intreccia anche con la storia del power dressing femminile – è l’introduzione dei pantaloni nell’abbigliamento femminile. 

Oltre a segnalare le mutate necessità di un genere (per altro, i pantaloni erano indossati dalle donne di basso ceto, ad esempio le donne-operaie) ma anche un profondo cambiamento a livello della società: le donne erano entrate nel mondo del lavoro. Il mutamento diventerà ancora più eclatante quando arriverà la minigonna per segnare una nuova consapevolezza della propria femminilità e della possibilità di poter controllare il proprio corpo. 

Non a caso la parola “power dressing” nasce proprio nel 1956 quando compare per la prima volta nel libro di John Molloy “Dress for success”, seguito nel 1977 dalla versione femminile “Women’s dress for success book”: quando parla di questo concetto, l’autore fa riferimento ad un codice vestimentario che rappresenterebbe un sicuro fattore di successo, sia per gli uomini, sia per le donne. 

Al primo sguardo si direbbe che la donna incorpori i segni del potere maschile, adottando una versione edulcorata e sofisticata della “grande rinuncia” maschile. Il cosiddetto “power dressing”, il rigoroso abito da lavoro per chi svolge ruoli dirigenziali o comunque di rilievo, nasce in questo periodo proprio per dare forma al corpo femminile in un luogo specifico, quello del lavoro […]. ll vestire, la gestione dell’identità, là rappresentazione di sé si dispiegano in una sfera pubblica precisa, in cui esistono già regole ferree prettamente maschili”. 

Ecco quindi che, attingendo a questa definizione, si può dire che il power dressing fa riferimento ad uno stile di abbigliamento capace di dare autorevolezza e autorità a chi lo sceglie. Quanto poi ai codici vestamentari del mondo femminile bisogna fare un passo indietro per capirne le implicazioni. 

Il power dressing femminile moderno

Se è vero che il dress code e il power dressing maschile sono già codificati all’inizio dell’età moderna, soprattutto quando legati alle sfere di potere, per le donne il discorso è diverso. Infatti è sostanziale considerare i ruoli diversi che, socialmente, la donna ha ricoperto in passato per sottolineare come – a partire proprio dagli anni ‘70 – abbia luogo questa profonda fattura. 

Se infatti fino a quando regnava sovrano lo status della famiglia patriarcale, il vestito aveva svolto una funzione puramente ornamentale (e spesso quella di nascondere le curve delle donne): non che in questo periodo le donne non lavorassero, anzi, ma svolgevano ruoli puramente subordinati. 

Quando, accanto ad una classe lavoratrice di segreterie se ne affianca una manageriale e imprenditoriale, ecco che avviene la svolta. Appare evidente quindi che la conquista del potere da parte delle donne fa seguito ad un cambiamento nel modo stesso in cui viene pensato. 

Il modello della Thatcher e la distanza dalla moda

Del resto la diffusione di un modo di vestire delle donne legato al potere viene scandito da una serie di pietre miliari della storia moderna e di genere: il suffragio universale femminile arriva nel Regno Unito e in Germania nel 1918, in Francia nel 1944 in Francia e anche in Italia nel 1946. Questi momenti, scandita dal progressivo processo di decolonizzazione dell’India, dell’Africa e dell’America Latina ha favorito l’ascesa delle donne ai vertici del proprio paese. 

Torniamo quindi circolarmente allo spartiacque degli anni ‘70 quando, sempre nel Regno Unito, nasce un primo grande modello di power dressing femminile, guidato da Margaret Thatcher. La donna non è casualmente inglese, in quanto è proprio nel Regno Unito che era cominciato, con Elisabetta I d’Inghilterra, quel lungo e macchinoso processo di legittimazione del potere e la sua espressione anche simbolica attraverso l’abbigliamento. 

Alla Iron Lady si deve non solo l’inizio di un’era, ma anche la nascita di quell’asse (che ancora oggi difficilmente si scioglie) tra power dressing femminile e la distanza dalla moda. 

Questo non significa che le donne di potere non siano alla moda, ma purtroppo attingono a codici di abbigliamento che fanno riferimento a capi dall’eleganza intramontabile, spesso con caratteristiche maschili (anche sul tailleur bisognerebbe riflettere attentamente). In questo la lezione della Thatcher è stata un mantra per tantissime donne degli anni che seguirono a partire da Angela Merkel – cancelliera tedesca – ma anche Hillary Clinton. 

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Mi chiamo Isabella Ratti e sono una business e image consultant. Da anni mi occupo di accompagnare i miei clienti nella creazione di immagini online e offline di successo, che rispettino non solo il dress code ma anche le ambizioni e le speranze di ciascuno.

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Domande frequenti sul power dressing

Quando è nato il power dressing

La parola “power dressing” nasce nel 1956 quando compare per la prima volta nel libro di John Molloy “Dress for success”, seguito nel 1977 dalla versione fernminile “Women’s dress for success book”

Come vestirsi per essere autorevoli?

Sebbene l’autorevolezza di una persona non passi solamente dal proprio abbigliamento, è importante considerare alcuni aspetti prima di decidere cosa indossare: la propria posizione in azienda, valutare se sono state comunicare delle informazioni in materia di dress code, guardare come si vestono i tuoi colleghi.

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